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Quartiere Solari-Tortona: una storia di una comunità.

Aggiornamento: 4 apr 2021


Quartiere Solari-Tortona: una storia di una comunità.
Quartiere Solari-Tortona: una storia di una comunità.

La ferrovia e le fabbriche Il quartiere Solari-Tortona, negli ultimi decenni dell’’800, era un territorio agricolo percorso da vie rurali: i tracciati delle vie Savona e Tortona, mentre la via Foppette arrivava al Naviglio Grande e poi fino alla Chiesa di San Cristoforo. Gli insediamenti agricoli più importanti erano la cascina della Corba a Nord Est di Lorenteggio, le cascine Brera (via Foppa) e cascina Vallazza (Parco Solari). Altri edifici rurali si affacciavano su canali e navigli. Il quartiere aveva il suo fiume: l’Olona che finiva nella Darsena. Oggi ne rimane una traccia nelle spaccature degli isolati tra le vie Solari e Valparaiso. Questo “circondario esterno” Sud-Ovest iniziò a svilupparsi con la ferrovia Milano-Vigevano. La nuova ferrovia venne costruita con il contributo finanziario della nuova borghesia imprenditoriale che vedeva nelle due vie di trasporto, quello fluviale con i navigli e quello su rotaia, nuove potenzialità di sviluppo per le proprie imprese. Si dava vita così ad un diffuso “polo industriale”: Alzaia Naviglio Grande, via Tortona, via Savona, tutte vie parallele alla ferrovia. Erano sedi di società e fabbriche che impiegavano un gran numero di operai “pendolari” provenienti dalle campagne limitrofe. I contadini diventavano operai. Nel 1865 iniziava la costruzione della Stazione di Porta Genova. Si chiamava stazione di Porta Ticinese e assunse la denominazione attuale nel 1873. Nasceva il Quartiere residenziale di Porta Genova che si sviluppava sulla direttrice di via Vigevano, mentre le industrie correvano tra il Naviglio Grande e la ferrovia. I due quartieri erano separati dallo scalo ferroviario: un ponte di ferro pedonale li unirà più tardi. Tra le prime fabbriche: la Riva Calzoni nel 1884 in via Solari-Sten- dhal, la Osram nel 1897 in via Savona e la Fabbrica Lombarda prodotti chimici nel 1873 in via Tortona. Va formandosi una forte concentrazione di addetti ad alcune at- tività industriali, nei settori della metalmeccanica, della ceramica con Richard Ginori, delle vetrerie con Bordoni e della chimica con la Max-Meyer. La nuova cintura ferroviaria milanese si chiude a partire dal 1884: una grande infrastruttura a servizio di una “città manufatturiera”, che serviva le industrie di maggiori dimensioni anche con artico- lati raccordi ferroviari. La linea per Vigevano proseguiva poi verso lo scalo Merci Sempione (l’attuale Area Pagano). Questa linea aveva un’altra funzione importante: servire il Macello Pubblico. Questo venne costruito nel 1863 nell’attuale piazza Sant’Agostino insieme allo Scalo bestiame nell’odierno Parco Solari. “Ogni anno si macellavano 15.000 buoi, 70.000 vitelli, 30.000 vacche, 2.500 tori e 7.000 cavalli“. La macellazione e i suoi effetti di inquinamento erano talmente vicini alla vita dei nascenti quartieri nella via Solari che quella parte di città si chiamava “Porta Macello“. Solo nel 1931 si decise di trasferire il Macello comunale in via Molise in una zona più isolata dalle residenze.

Dall’inizio ‘900 sino alla Prima guerra mondiale: l’identità urbana del quartiere Si capovolgono i rapporti demografici “dentro le mura e fuori le mura” il centro di Milano perde abitanti. Un Piano Urbanistico, a partire dal 1884, disegnava la città: il Piano Beruto insieme al successivo Piano Masera, daranno forma alle vie e alle piazze di Milano Sud Ovest, esterne alle Mura Spagnole, configurandone le odierne caratteristiche identitarie. I nuovi insediamenti nell’ansa della ferrovia di Porta Genova dovevano adattarsi alle situazioni edilizie già definite. Gli isolati più regolari sono quelli costruiti intorno agli assi principali di via Solari e via Bergognone. In queste vie gli edifici residenziali, industriali e pubblici hanno valori unitari e creano il paesaggio urbano del quartiere. In piazza del Rosario viene costruita la Chiesa, in via Bergognone la Scuo- la elementare e l’asilo Marianna Bordoni; la famiglia Bordoni era proprietaria della importante vetreria in via Savona e come per molti imprenditori dell’epoca molte risorse venivano destinate alla filantropia. L’edificio scolastico elementare aveva un ruolo ordinatore nell’isolato con la facciata su via Bergognone e la grande corte interna. La Chiesa del Rosario, “nata con il quartiere e per il quartiere” determinava l’immagine urbana della piazza. Nel 1906 a metà della via Solari, al numero civico 40, viene costruito il quartiere operaio della Società Umanitaria. Il progetto dell’architetto Giovani Broglio diede vita ad un quartiere per 600 abitanti. Un modello per la città innovativo dal punto di vista este- tico, igienico-sanitario e dotato di tutti i servizi per le persone: biblioteca, asilo, salone delle feste, laboratori e botteghe. La pic- cola “citta operaia“ che si animava davanti alle fabbriche diventava l’elemento di aggregazione e di servizio per tutta questa parte di città. Con la residenza anche l’industria aveva una parte decisiva per formare un paesaggio urbano unitario. Basti pensare alle cor- tine edilizie uniformi e continue della CGE nelle vie Bergognone e Tortona. Fuori da questi assi viari gli edifici industriali si trovavano inseriti in tutti i modi possibili: officine e attività artigianali ai piano terra, capannoni grandi e piccoli nei cortili, fabbriche che occupa- vano un intero isolato. L’ industria, in alcuni casi, si sviluppava insieme ad alcune residenze operaie: gli impianti delle scale, i ballatoi, le corti, i materiali edilizi, si ripetevano uguali nella casa e nelle fabbriche e tra loro si stabiliva uno scambio stretto. Come nel caso della Ferrochina Bisleri tra le vie Solari, Savona, Montevideo. Un organico sistema di relazioni produttive, abitative e sociali dava vita al carattere identitario della zona Tortona-Solari.

Tra le due guerre: la“modernizzazione“del quartiere Negli anni ‘20 Milano aveva 700 mila abitanti, nel ‘38 essi diventavano 1.200.000. Il decollo economico di un territorio sempre più ampio e in espansione creavano la necessità di un salto di scala nella pianificazione della città con la “modernizzazione“ e il rinnovamento del sistema infrastrutturale. Negli anni ‘30 nei quartieri Milano Sud Ovest sono eliminati i raccordi ferroviari per lo scalo Sempione: i binari provenienti da Porta Genova sono interrotti qualche metro prima dell’incrocio di via Savona. La via Dezza, con il suo andamento curvilineo e la sua dimensione, ci ricorda ancora il tracciato ferroviario per cui era stata concepita. Con effetto “domino“ vengono abbattuti gli edifici del Macello pubblico e dello Scalo bestiame. Sull’area di quest’ultimo, nel 1935, si realizzava il Parco Solari con il primo interramento dell’Olona. Sempre in quegli anni veniva realizzata piazza Napoli, e lì finiva la città. Raffaele Bagnoli nel volume “Le chiese di Milano nella storia dell’arte“ scriveva nel 1942: non sfugge all’attenzione del milanese, che conosce la storia recente della metropoli, il fatto che la grandiosa espansione edilizia del rione Solari sia giunta in ritardo rispetto agli sviluppi di altre zone della città. Le cause di questo ritardo si potrebbero ricercare nel fatto che la doppia cintura della linea ferroviaria per Vigevano strozzava la naturale espansione della città, ritardata anche dai capricci della malsicura Olona. Abbattuta la cinta ferroviaria e risolto il problema della deviazione del fiume nel nuovo letto artificiale che lo conduce nel Naviglio Grande, la Zona ne trasse un immediato giovamento. Sorsero presto con ritmo crescente case di abitazione alcune di una certa pretesa novecentesca, si aprirono nuove vie, viali alberati e spaziose piazze ridenti nel verde“. Gli isolati intorno al parco Solari, in particolare le vie Foppa, So- lari, California si completavano con residenze di un certo pregio. Solo per citare due esempi: l’intervento di via Letizia dell’architetto Gio Ponti e l’edificio dell’architetto Portaluppi in via Foppa davanti al Parco Solari. Con la dichiarazione di guerra a Francia e Germania del ‘40 cominciava per Milano il periodo dei bombardamenti alleati, proseguiti fino al 16 Aprile del ‘45. I bombardamenti danneggiarono l’abside della chiesa del Rosa- rio; dovunque il quartiere subì danni più o meno gravi. Dopo il bombardamento della notte tra il 14 e il 15 Febbraio del ‘43, le scuole del quartiere vennero chiuse e gli alunni trasferiti in zone più periferiche: la scuola di via Bergognone fu utilizzata come ospedale militare. I rifornimenti alimentari erano precari, cominciava l’esodo dei cittadini verso zone fuori Milano ritenute più sicure. Nell’inverno ‘43/‘44 si viveva e si dormiva al gelo, la legna si recuperava “illegalmente“, di notte si segavano rami, si abbatte- vano gli alberi delle vie e delle piazze: è il destino del Parco Solari, di piazza Napoli, di via Foppa. Nei mesi del ‘45 che precedono il 25 Aprile i movimenti di op- posizione al fascismo riaccesero le speranze di una imminente conclusione della guerra. Numerose testimonianze raccontano di “Contatti rapidi tra militanti dei partiti della classe operaia, scambi di stampa clandestina, piani di difesa del quartiere Umanitaria e delle fabbriche vicine, la CGE, la Riva. Il mattino del 26 Aprile tutte le sirene del quartiere suonarono a lungo: prendeva vita il C.L.N di quartiere. In questa opera di ”ricostruzione e sistemazione” civile e sociale la 113 brigata Garibaldi bis, composta in maggioranza da giovani del quartiere, svolse un ruolo importante per le azioni di solidarietà tra gli abitanti e gli operai delle fabbriche vicine.


Anni del dopoguerra e del boom economico Negli anni ‘50 il quartiere era nuovamente in rapida espansione; aumentava il numero degli abitanti. I cittadini censiti dalla parrocchia del Rosario nel quartiere Foppa/Solari/Savona/Tortona era- no nel 1952-54 circa 26.900; nel 1955 erano arrivati a 30.000 unità. In questo periodo di ricostruzione, di crescita economica e edilizia il quartiere si completava nelle aree ancora libere, mentre alcune fabbriche lasciavano il posto alla residenza: è il caso delle abitazioni costruite sulla carrozzeria Castagna davanti al parco So- lari, o delle abitazioni in via Savona e in via Solari edificate sulle aree Rubinetterie italiane e di altre industrie. Sono realizzate le residenze di ”ceto medio“ accanto alle fabbri- che e alle antiche case dell’inizio del secolo. Cominciarono ad af- fluire emigranti dal Sud Italia che presero dimora in quelle stesse case ormai in stato di degrado. Si rafforzava una vocazione residenziale del quartiere, ma il grande sviluppo insediativo interessava l’ambito esterno a piazza Na- poli nelle zone Lorenteggio e Giambellino. I grandi interventi di edilizia pubblica, già iniziati nel ‘38, si completavano negli anni ‘50 e ‘60 lungo le vie Giambellino e Segneri: erano le case dove viveva una gran parte degli operai delle vicine fabbriche. La direttrice Lorenteggio era allora la nervatura della grande espansione residenziale “per impiegati” che divorava il territorio agricolo produttivo delle cascine. Nel dopoguerra il modello di vivibilità e coesione sociale dell’Umanitaria in via Solari 40 veniva ripreso con un impegno della “co- operativa degli inquilini”, che dovette affrontare i problemi della gestione e manutenzione degli edifici anche in conseguenza degli effetti bellici; vengono riaperti la biblioteca, la bocciofila, gli altri servizi, i negozi e il salone teatro. La metà degli anni ‘70 sono poi anni difficili: la Società Umanitaria proprietaria delle case, per ripianare un difficile bilancio necessario al complessivo programma di attività filantropiche, intendeva vendere il proprio patrimonio abitativo. La vicenda si concluse con l’acquisto degli immobili di via Solari 40 da parte del Comune di Milano e il passaggio nella gestione delle case popolari comunali. Sempre negli anni ‘70 nella Parrocchia del Rosario si ripensa alla organizzazione dell’oratorio, che costituirà il riferimento aggregati- vo per tanti ragazzi del quartiere e successivamente opererà l’Au- ditorium Solari. Nella Zona la produzione delle fabbriche si riorganizzava in rela- zione a una domanda produttiva in espansione. Ermanno Olmi girava alla Riva Calzoni il suo primo documentario negli anni ‘60; é una opera straordinaria che coglie l’orgoglio del “saper ben fare”, la qualità di quella forza lavoro. Insieme operai, tecnici e imprenditori che producono “pezzi unici” quali le turbine esportate in tutto il mondo. La Riva Calzoni offriva un panorama industriale che era l’immagine della Zona in quegli anni . Le strade del quartiere furono poi teatro delle lotte operaie che confluirono nell’autunno caldo del 1971. Il “terrorismo“ degli anni seguenti lasciò una vittima illustre: Walter Tobagi caduto in via Salaino angolo via Solari. Una lapide lo ricorda. Il Centro di Azione Culturale CEDAC prendeva nel 1980 il suo nome.


Un quartiere post industriale

A partire dagli anni ‘70, in relazione alle trasformazioni del siste- ma produttivo e dopo le crisi energetiche le fabbriche vengono dismesse lasciando immensi fabbricati e cortili. Il processo inizia con lo smembramento dell’Ansaldo; le fabbriche chiudono ad una ad una determinando una offerta edilizia abbondante e relativa- mente poco costosa. Nuove attività si insediano recuperando aree dismesse e gli sche- letri delle fabbriche. L’intervento che può essere considerato come l’avvio di una nuova fase di recupero “creativo“ è Superstudio che inaugura, nel 1983 nelle rimesse delle locomotive della stazione di Porta Genova, spazi dedicati alla fotografia di moda. Sulla scia del Superstudio nascono il Superstudio 13 e ancora il Superstu- dio Più, una struttura multifunzionale dedicata agli eventi, mostre, convention, spettacoli. Nel 2001 Armani colloca una sua sede e un Teatro a firma dell’ar- chitetto Tadao Ando nell’edificio ex Nestlé. Intorno a questi interventi si forma un “mix culturale” con attività legate all’arte, al design, alla comunicazione, alle tecniche digitali, alla moda. Con il 1990 il Comune di Milano acquisisce il comples- so dell’Ansaldo; si insediano i laboratori della Scala e si avvia il processo di riqualificazione per dare nuova vita all’ex stabilimento industriale che oggi assume la veste dei laboratori della creatività OCA. Nell’area ex Riva Calzoni si insediano altre attività tra cui la Fondazione Arnaldo Pomodoro che passerà la mano nel 2012 ancora a moda e design. Nell’ultimo decennio loft abitativi e nuove residenze si accompa- gnano alle ex fabbriche, dedicate alle attività “creative“. L’interven- to di riqualificazione urbana più importante, con residenza e aree verdi riguarda l’ex Osram in via Savona. La palazzina ad uffici dell’ex Osram viene restaurata e oggi ospita il centro di incontro “SeiCentro” gestito dal Consiglio di Zona 6. Si crea nella zona una “ricettività totale“ durante certe manife- stazioni come “il Fuori Salone”; ogni spazio, loft, negozio, strada danno vita ad una “location” diffusa. Dopo anni di degrado e abbandono, a più di un secolo dalla sua costruzione, rinasce il Quartiere operaio di via Solari 40, con la programmazione dei lavori di ristrutturazione. Per garantire la collaborazione tra inquilini, Zona, Associazioni e Amministrazione, il Comune fa nascere lo Spazio Abitare. Un punto di riferimento, che, oggi come allora, vuole creare aggregazione, democrazia, socialità e servizi per tutto il quartiere.

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