Come Associazione Museolab6, con il patrocinio del Municipio 6, il 12 Ottobre, in occasione dell’inaugurazione della metropolitana M4 per la Stazione Coni Zugna, abbiamo realizzato con un folto gruppo di partecipanti un racconto itinerante sulla storia del Parco Solari e delle residenze che lo inanellano, con riferimento particolare alle abitazioni di via Foppa che portano la firma di Piero Portaluppi.
Nascoste per 10 anni dai cantieri per la costruzione di M4, con la memoria degli alberi del viale che ombreggiavano gli edifici, oggi quelle architetture si possono guardare nuovamente da un nuovo ampio spazio pedonale delimitato da ritagli di verde, magari cercando di escludere dalla vista le lugubri scatole delle scale mobili, francamente non cosi appropriate verso il contesto che sta intorno.
E’ un racconto che ci riporta agli anni ’30 del Novecento quando nascono il Parco Solari e le case che lo circondano; un pezzo di città di quasi cento anni, fuori le Mura spagnole, una storia urbana di una Milano straordinaria.
Siamo intorno ai primi anni ’30 del secolo scorso e proprio qui viene dismesso e si cancella il raccordo ferroviario che dalla stazione di Porta Genova solcava la città sino allo scalo Sempione. L’area del futuro Parco era interessata da una infrastruttura ferroviaria importante nella logistica della città; sui binari, oltre alla stazione di Porta Genova, c’erano dei fabbricati che non erano adibiti ai passeggeri ma agli animali: una vera Stazione Macello. Qui dai treni merci, ogni giorno, centinaia di capi bestiame venivano scaricati per essere portati al vicino grande Macello Pubblico costruito alla metà dell’Ottocento accanto al carcere di San Vittore in viale Papiniano (dove oggi sono collocate Esselunga e piazza Sant‘Agostino). Per il trasporto del bestiame veniva usato una galleria scavata sotto via Coni Zugna e le Mura spagnole.
All’inizio del ‘900, quando ad esempio si costruivano, attorno al 1906 lungo la via Solari, il Quartiere popolare dell’Umanitaria e la chiesa di Santa Maria del Rosario, questa zona era chiamata Quartiere Macello, una parte di città fortemente inquinata. Quando poi il Macello da viale Papiniano negli anni ’30 viene trasferito in una zona considerata più periferica, in viale Molise, qui vengono dismessi gli edifici della stazione del bestiame insieme ai binari verso lo scalo Sempione. Nella riorganizzazione complessiva di quell’epoca per il nodo ferroviario di Milano, i treni provenienti da Mortara si fermano a Porta Genova che diventa la stazione di arrivo dei pendolari delle fabbriche. Sulle aree ex ferroviarie nasce il Parco Solari e la verde via Dezza, il cui percorso curvilineo rievoca ancora la memoria del tracciato ferroviario, come del resto i giardini di via Pallavicino intorno a Pagano.
Alla stazione di Porta Genova arrivava e arriva ancora la ferrovia Milano-Mortara, costruita nella seconda metà dell’Ottocento. La linea ferroviaria e la stazione, insieme alle acque navigabili dei Navigli, hanno dato vita alle fabbriche nella zona Tortona, una zona urbana che a partire dagli anni ’80, dopo la chiusura delle industrie, é oggi oggetto della trasformazione “creativa” e terziaria che conosciamo.
Eliminati i lacci e i vincoli ferroviari si lottizza e si realizzano residenze per una classe medio borghese. Questa parte di città, appena fuori le Mura spagnole, non importa se vicina alle fabbriche, diventa interessante per i costruttori. Si amplia l’offerta di mercato a nuovi utenti, che, non possedendo palazzi nel centro storico, desiderano un’abitazione signorile appena fuori la cerchia dei bastioni.
Per la classe medio borghese intorno agli anni ’20 si era già molto costruito ad est della città; si pensi ai quartieri liberty di Porta Venezia o intorno a corso Indipendenza e via Castel Morrone. Il disegno che caratterizza questi quartieri è del primo piano urbanistico di Milano progettato dall’ing. Berruto, inizio ‘900. Con il secondo piano di Milano dell’ing Albertini, adottato nel 1934 con la definizione dei suoi azzonamenti funzionali per la residenza, l’industria e il commercio, si continua l’espansione urbana. Un piano urbanistico che disegna una nuova forma di città con piazze e strade come la via Foppa.
Milano aveva allora seicentomila abitanti, ma già nel 1951 si supera la soglia di 1.200.000 unità, ed erano notevoli gli spazi destinati all’espansione della città e le possibilità di sviluppo volumetrico, perché il Regolamento Edilizio del 1921 consentiva quasi ovunque di sopraelevare e costruire.
Eliminati i vincoli ferroviari, in una cornice di intenso processo di urbanizzazione, intorno al parco Solari troviamo le architetture iconiche degli architetti del ‘900.
Qui, nei pressi del Parco, scopriamo le case che Ponti realizza per la media borghesia con una riflessione sulla casa moderna da produrre in serie, che Ponti stesso ha modo di portare avanti attraverso gli esperimenti delle Domus Livia in via Letizia e in via Caravaggio, Julia, Carola e Fausta in via De Togni (1931-1936) e della Domus Adele di viale Coni Zugna (1934-1935). In via Dezza, all’angolo con via Foppa, troviamo la sua casa costruita nel dopoguerra, dove, dalla fine degli anni ’50, Gio Ponti ha scelto di risiedere e avere il suo studio. In via Giovio progetta anche la sua chiesa (San Francesco al Fopponino).
Nel lato di via Foppa antistante a quello che allora era un nuovo parco, ancora senza alberi che cresceranno poi secondo il progetto dell’arch. Enrico Casiraghi, la star degli anni ’30 Piero Portaluppi, architetto dell’alta borghesia milanese, costruisce molto nella nuova periferia fuori le Mura spagnole.
Con la sua consulenza artistica vengono edificate dall’Impresa Bassanini le abitazioni in via Coni Zugna 14 e in via Foppa 4 e 6. Sono gli anni in cui Portaluppi progettava nel centro della città la Villa Necchi Campiglio in via Mozart (1932-35), la Casa Corbellini-Wassermann in viale Lombardia (1934- 35) e la Casa e Studio Portaluppi, in via Morozzo della Rocca (1935-1939).
Portaluppi era stato chiamato ad operare in questa parte non centrale dall’Impresa costruttrice di Antonio Bassanini (1899-1997). Per 70 anni, quasi nell’arco di tutto il ‘900, Bassanini con la sua impresa costruttrice è una figura rappresentativa della imprenditoria e borghesia lombarda.
Nei primi vent’anni della sua attività tra le due guerre l‘Impresa Bassanini è stata una delle più importanti in Italia; al suo apice arrivò a gestire fino a venti grandi cantieri contemporaneamente e 3.000 operai e tra le prime sperimenta le tecniche del calcestruzzo armato contribuendo a cambiare il volto di Milano fino agli anni Settanta. Realizza complessi industriali, residenziali, ospedali, chiese: solo per citare le costruzioni qui vicino, oltre a Palazzo Ghidoli in piazza Duomo, la Piccola Casa San Giuseppe, la Cge ex Ansaldo, la clinica Dezza.
Imprenditore e costruttore, con il suo lavoro Antonio Bassanini sottolinea l’indissolubile legame tra architettura, ingegneria, design e imprenditoria edile, e chiama a collaborare tutti i grandi architetti dell’epoca (oltre a Portaluppi, Libera, Gio Ponti, Muzio e successivamente Mattioni, Caccia Dominioni, Magistretti, Figini e Pollini, Asnago e Vender); cosi di fatto si costruisce la città del Novecento.
A Bassanini piace questa parte di città vuota e acquista terreni in via Lorenteggio e un lotto davanti al parco Solari. Qui mette a punto una nuova concezione di edifici in condominio con appartamenti dotati di saloni, camere e servizi ben suddivisi da corridoi, con parti comuni eleganti: facciate, ingressi, scale, porte e finiture con materiali di pregio.
Costruisce nel 1928 la Casa Bassanini in via Coni Zugna 14 e l’edificio di Via Foppa 4 edificato tra il 1933 e il1935. Affida a Portaluppi la consulenza artistica, finalizzata a progettare i prospetti e le parti di rappresentanza come scale e ingressi mentre l’ufficio tecnico dell’impresa si occupa delle strutture, degli impianti e delle planimetrie degli alloggi. Per la casa di via Foppa 6 la facciata è disegnata dall’architetto dell’impresa Boschini, ma le parti comuni hanno la direzione artistica di Portaluppi.
Due edifici mettono in luce il segno inconfondibile di Piero Portaluppi degli anni Venti e Trenta, eleganti case“eleganti”, costruite a breve distanza l’una dall’altra, in tempi successivi che ne determinano la differenza: la più vecchia è la candida Casa Bassanini, costruita nel 1928, posta all’angolo con le vie Foppa e Coni Zugna, che segue ancora canoni classici, con timpani e decori art-decò e qualche anno dopo la vicina Casa di via Foppa 4, più razionalista e sicuramente più originale e moderna, che ancora oggi appare attuale.
Coni Zugna 14. E’ la casa dove trasferisce i suoi uffici e parte della famiglia. L’edificio è caratterizzato da un notevole portone di ingresso contornato da lesene bugnate che si inseriscono in una facciata in marmo, sormontata da un finto loggiato con 5 finestre ad arco ed elementi decorativi più marcati come le edicole al primo piano. La facciata è curata con dettagli preziosi come le “w” sovrapposte agli architravi di alcune finestre e i parapetti in ferro con motivi a saetta.
Foppa 4. L’impronta razionalista della facciata è divisa in 3 parti, due piani di basamento, una fascia vetrata, le restanti parti in laterizio con robuste bande marca piano chiare e balaustre orizzontali verdi. E’ evidente l’accentuata orizzontalità della facciata che rimane compatta ed equilibrata grazie alla disposizione delle finestre e dei balconi di proporzioni ineccepibili. Una grande ricercatezza cromatica, con marmi in fasce orizzontali in evidenza, è dedicata all’ingresso, che contrasta con la semplicità della facciata. All’ultimo piano una terrazza, dove in anni successivi si é realizzato un sopralzato sempre a cura di Portaluppi. Oggi la casa, ancora di proprietà della famiglia Bassanini, è stata vuotata dagli abitanti affittuari e attende un nuova vita, speriamo residenziale che, benché rinnovata, sia conservativa della bellissima facciata e della ricercata decorazione delle parti comuni. Aspettiamo il nuovo progetto.
Nel quartiere, come in via Dezza e in via California, ritroviamo tante case interessanti, edificate tra le due Guerre da altri architetti anche se non cosi conosciuti, ma tutti capaci di interpretare un modello di architettura e di forma degli spazi urbani nel segno di una cultura europea, anzi marcatamente milanese. Un marchio distintivo del profondo legame con la città, interpretato nella pluralità degli edifici in modo unitario e compatto. Un modello residenziale di una borghesia imprenditoriale di allora che si sentiva rappresentata da un’architettura con forme e decorazioni con un comune segno identitario. Un rapporto tra struttura urbana e il fatto costruttivo, che in tante architetture di questo quartiere riecheggia fino a noi, al contrario della eccezionalità, “solitaria” di molte architetture contemporanee forse omologate nella perdita del binomio inscindibile tra architettura e identità della città.